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Storia di Sardegna

Eleonora d'Arborea

A partire dall'VIII secolo gli Arabi iniziarono scorrerie sempre più frequenti alle quali i Sardi, ritiratisi i Bizantini, dovettero far fronte solo con le loro forze. Iniziò allora il periodo dei Giudicati, una forma originale di governo che durò per i successivi 500 anni. I quattro giudicati erano quelli di Torres-Logudoro, di Cagliari, di Gallura e di Arborea ed erano retti da un giudice con potere sovrano. Amministravano un territorio, chiamato logu, suddiviso in curatorie formate da più villaggi, retti da capi chiamati majores. Parte dello sfruttamento del territorio, come anche l'agricoltura, veniva gestito in modo collettivo. L'aiuto portato alla Sardegna contro gli Arabi da parte delle flotte genovese e pisana - specie dopo il fallito tentativo di conquista dell'isola nel 1015-16 da parte di Mujāhid al-Āmirī di Denia (il Mugetto o Musetto delle cronache cristiane italiche), signore delle Baleari dopo il crollo del Califfato omayyade di al-Andalus - ebbe come conseguenza un crescente influsso delle due Repubbliche marinare. Rimase completamente autonomo il Giudicato d'Arborea dove, nel 1395, la giudicessa-reggente Eleonora d'Arborea emanò la Carta de Logu, simbolo e sintesi di una concezione giuridica totalmente sarda, anche se innestata col diritto romano-bizantino. La carta comprendeva un codice civile ed uno rurale, per complessivi 198 capitoli, e segnava una tappa fondamentale verso i diritti d'uguaglianza. Questo insieme di leggi rimase in vigore fino al 1827.

Gli Aragonesi

Il periodo che va dagli inizi del XIV secolo a circa la metà del secolo successivo rappresenta per la civiltà occidentale un periodo di transizione dal Medioevo all'età moderna. La società si svincola dai miti e dalle tradizioni medievali e si avvia verso il Rinascimento. Purtroppo, questi cambiamenti non si riscontrano in Sardegna: questo periodo corrisponde infatti all'occupazione aragonese; (ebbe inizio nel 1323 - 1324) ed è considerato da molti come il peggiore di tutta la storia dell'isola. Il cammino verso l'età moderna viene bruscamente interrotto e tutta la società isolana regredisce verso un nuovo e più buio Medioevo. Le maggiori cause furono viste nelle continue guerre contro il Regno di Arborea e nel regime di privilegio, di angherie e di monopolio esclusivo di ogni potere, instaurato a proprio favore dai Catalano-aragonesi e poi dagli spagnoli. Una testimonianza evidente della situazione creatasi è fornita dagli stessi Catalani, che ancora nel 1481 e nel 1511 chiedevano al Re - nel loro Parlamento - la conferma in blocco degli antichi privilegi, ricordando che erano stati concessi «per tenir appretada e sotmesa la naciò sarda» (mantenere bisognosa e sottomessa la nazione sarda). Con il dispotismo e la confisca di tutte le ricchezze si arrestò bruscamente il processo di rinnovamento economico, culturale e sociale che gli Arborensi, i Genovesi, i Pisani e la Chiesa stessa, con i suoi ordini monastici, avevano suscitato nei primi tre secoli dopo l'anno Mille. In realtà gli aragonesi non disponevano dei mezzi per una tale invasione e riuscirono solo dopo un secolo di guerre e di sanguinose battaglie ad unificare il Regno di Sardegna e Corsica, che fu composto - per lungo tempo - unicamente dalle città di Cagliari e di Alghero. I due popoli sconteranno duramente - in epoche successive - il loro combattersi accanitamente fino ad annullarsi a vicenda. Sia i sardi che i catalano-aragonesi saranno assorbiti in realtà nazionali sostanzialmente estranee alla loro storia.

Gli Spagnoli

Con la riconquista di Granada - il 2 gennaio 1492 - si realizzò pienamente la riunificazione dei regni iberici, assiduamente perseguita da Ferdinando II di Aragona e da Isabella di Castiglia. Dopo il loro matrimonio celebrato a Valladolid il 17 ottobre 1469, con un accordo conosciuto anche come la concordia di Segovia, nel 1475, i due sovrani avevavo giurato di non fondere le due corone in un unico Stato e ciascuna entità conservò le sue istituzioni e le sue leggi. Entrambi infatti si chiamarono: re di Castiglia, di Aragona, di Leòn, di Sicilia, di Sardegna, di Cordova, di Murcia, di Jahen, di Algarve, di Algeciras di Gibilterra, di Napoli, conti di Barcellona, signori di Vizcaya e di Molina, duchi di Atene e di Neopatria, conti di Rossiglione e di Serdagna, marchesi di Oristano e conti del Goceano.

Il Regno di Sardegna

Il Regnum Sardiniae et Corsicae ebbe inizio nel 1297, quando Papa Bonifacio VIII lo istituì per dirimere le contesa tra Angioini e Aragonesi circa il Regno di Sicilia (che aveva scatenato i moti popolari passati poi alla storia come Vespri siciliani). Il Regno faceva parte del variegato complesso di stati che formavano la Corona d'Aragona e, dal 1479 in poi, la Corona di Spagna. In seguito agli aggiustamenti territoriali seguiti alla Guerra di successione spagnola, finita nel 1713, per un brevissimo periodo, tra il 1713 ed il 1718, l'isola passò agli Asburgo austriaci che la cedettero poi al duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, ottenendo in questo modo il relativo titolo regio. Per più di cento anni mantenne lo status di regno autonomo, fino al 1847 quando fu poi pienamente integrata nell'amministrazione piemontese: questo significò de iure l'annessione piena del Piemonte alla Sardegna, de facto la scomparsa di quel che restava delle istituzioni autonome dell'isola di Sardegna all'interno del Regno. In quel periodo varie riforme provocarono forti cambiamenti nell'assetto del territorio: l'editto delle chiudende («tancas serradas a muru») introdusse la proprietà privata ponendo fine alla gestione collettiva dei terreni e determinando forti malumori e rivolte. Il Regno di Sardegna fu poi la culla del Risorgimento italiano e, insieme a Piemontesi e Savoiardi, i Sardi contribuirono all'unificazione italiana.